Dopo le sentenze della CAF

Le vie del signor Moggi sono finite

di  Candido Cannavò 1/8/2006

Luciano MoggiLa rivoluzione è conclusa: il governo ombra che controllava il calcio è stato cancellato. Ora occorre ripartire, facendo attenzione a non mandare al macello il pallone: lui si vendicherebbe.
La scena madre della lunga estate resterà sempre quella in cui, proprio nell'ultima giornata di campionato, con lo scudetto appena conquistato (e poi bruciato dalle sentenze), Luciano Moggi pronunciò la frase famosa, ponendosi al centro del dramma come un attore di razza: «Mi hanno ucciso l'anima».
Nulla di più teatrale c'è stato nei due mesi di turbolenza che, oltre alle sentenze, hanno prodotto la più grande rivoluzione della storia del nostro calcio. E nel cuore di questo fermento, l'Italia ha conquistato il titolo mondiale. Neanche il più fantasioso regista sarebbe arrivato a tanto.
Parlo subito di Moggi perché è lui, con tutta la simbologia del suo padronato, il grande protagonista e il grande sconfitto della lunga estate.
Il suo sistema, la sua filosofia, il suo muoversi tra amici da proteggere e nemici da abbattere, la sua capacità di penetrare nel cuore del potere e di regolarne le pulsazioni: tutto questo repertorio è stato mozzato dalla mannaia rivoluzionaria, promossa non da un Danton o un Robespierre, ma da due tenaci magistrati napoletani.
Guido Rossi commissario FIGCCon Moggi ha perso il potere occulto che ha governato nell'ombra i destini del nostro calcio. È un fatto epocale. Non so quando nascerà un altro Moggi di pari malizia e intelligenza, ma mi piace immaginare che il «moggismo» sia morto per sempre.
Il corteggiatissimo Luciano ha trascinato nella sua caduta la più amata e potente società italiana.
Tra Caf e Corte federale, la Juve ha pagato il prezzo più alto. Era l'epicentro dello scandalo, ma il ruolo di Moggi e Giraudo ha aggravato le sue pene. E questo è l'unico aspetto della condanna che ci risulta un po' indigesto. Certo, i due dirigenti erano la faccia della Juve, ne rappresentavano l'ufficialità, ma non tutto il loro lavoro sotterraneo, emerso dalle intercettazioni, mirava agli interessi del club bianconero.
C'era in Moggi e Giraudo il culto e l'arte di un potere senza confini che passava per altre vie e coinvolgeva l'amicizia di altri club. Senza i due boss juventini, per esempio, Adriano Galliani non avrebbe potuto mantenere il suo ruolo di uno e trino, con un conflitto d'interessi spudorato: la Lega, il Milan, i contratti televisivi. La Juve attingeva nella stessa greppia, così come l'Inter rimasta fuori dallo scandalo.
Ma non c'è dubbio che Moggi e Giraudo lavorassero per Galliani, cercando voti e clienti per la sua presidenza. In questa rete è caduto l'oppositore Diego Della Valle.
Il caso Juve ci consente di guardare al di là della facciata dello scandalo. Non emerge solo una trama di partite truccate o di arbitri compiacenti: c'è lo smascheramento di una sorta di governo ombra che ha comandato il calcio con la complicità (o se volete, con l'indifferenza) del governo istituzionale.
Le sentenze della Corte federale, ammantate da un velo di buonsenso, possono essere lette in modi diversi e contrastanti, al di là della dura condanna juventina. Se dovessimo fare delle didascalie, diremmo: beneficiato il Milan, con un pizzico di cecità sui suoi peccati veniali, ma inquietanti; salvati dal baratro Fiorentina e Lazio che farebbero bene a modificare il loro atteggiamento di verginelle ferite.
Ma la domanda che ci si pone adesso è questa: cosa ne sarà del campionato dinanzi ai tanti ricorsi che si annunciano? Sarà possibile dare avvio alla stagione, considerando anche che un altro blocco di processi si prospetta, dopo le indagini di Saverio Borrelli sulla Reggina e altre squadre?
Non abbiamo certezze, ma fondate speranze sì: io credo che la giustizia sportiva sarà in grado di resistere sia alla verifica del Coni, sia all'eventuale Tar del Lazio.
Intanto sulle quattro squadre italiane che parteciperanno alla Champions league non ci piove: sono Inter, Roma, Milan e Chievo. Le speranze della Fiorentina, espresse da Della Valle, di recuperare il posto europeo conquistato sul campo non hanno più alcun fondamento pratico. Per il resto, l'incidenza dei giudizi successivi è destinata a essere marginale.
Né il Coni né il Tar potranno spingersi nel merito dei fatti specifici.
Il Tar potrà valutare la legittimità di danni patrimoniali. E poi, c'è un interesse prevalente: non mandare al macello il pallone. Lui si vendicherebbe trascinando tutti nella sua misera sorte.
Ogni tanto mi volto indietro e penso: se tre mesi fa qualcuno avesse predetto questo scenario, in quale manicomio lo avremmo spedito?
La Juve demolita, il suo apparato scomparso, una fila di teste cadute: Moggi, Giraudo, Carraro, Mazzini, Lanese, Galliani, Pairetto, Bergamo, i presidenti della Caf e della Corte federale.
Raffiche di squalifiche, un commissario alla Federcalcio, un altro al settore arbitrale, una demolizione del vecchio e un'ardita costruzione di un nuovo, magari improvvisato. È la rivoluzione con il suo vento rigeneratore e i suoi passi falsi, il suo fascino e la sua precarietà.
La nuova Juve partirà dalla Serie B, guidata da DeschampsPersino il governo s'è scaldato per rimuovere quello che sembrava un inespugnabile tabù: i diritti televisivi gestiti dalla voracità del grandi club. Si tornerà alla vendita collettiva che eliminerà, oltre alle sperequazioni, la pelosa solidarietà di chi governa la Lega: «Sei senza contratto? Ci penso io». Le vie del potere sono infinite.
Le sentenze della Corte federale potranno essere discusse all'infinito, ma una cosa è certa: il vecchio potere del calcio è stato demolito, sia nella sua veste ufficiale, sia in quella occulta. Abbiamo vissuto due mesi che per il loro contenuto rivoluzionario valgono più di cinquant'anni. Adesso, esaurite le ultime scorie dei processi, si delinea il compito più difficile per ogni rivoluzione: gestire la normalità, evitando che il nuovo invecchi in breve tempo.
È questo il compito più gravoso del professor Guido Rossi, commissario dalla pelle d'elefante, insensibile alle critiche e poco disposto alle smancerie. Sinora si è mosso con grinta, coraggio e buonsenso.
E soprattutto fortuna, l'intramontabile virtù dei forti.

LA CADUTA DEGLI DEI

Tutte le condanne ai protagonisti del mondo del calcio

Antonio Giraudo
inibizione di cinque anni con proposta di radiazione.
Luciano Moggi
inibizione di cinque anni con proposta di radiazione.
Diego Della Valle
inibizione di tre anni e 9 mesi.
Andrea Della Valle
inibizione di tre anni.
Adriano Galliani
inibizione di 9 mesi.
Claudio Lotito
inibizione di due anni e sei mesi.
Leonardo Meani
inibizione di due anni e sei mesi.
Sandro Mencucci
inibizione di due anni e sei mesi.
Massimo De Santis
inibizione di quattro anni.
Franco Carraro
ammenda di 80 mila euro con diffida.
Innocenzo Mazzini
inibizione di cinque anni.
Pierluigi Pairetto
inibizione di tre anni e sei mesi.
Tullio Lanese
inibizione di due anni e sei mesi.
Gianluca Paparesta
inibizione di tre mesi.
Gennaro Mazzei
inibizione di sei mesi.
Paolo Dondarini
prosciolto.
Claudio Puglisi
inibizione di tre mesi.
Fabrizio Babini
inibizione di tre mesi.

Fonte www.panorama.it

 

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